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Decolorazione: shatush vs balayage

Decolorazione: shatush vs balayage
In principio fu la luce ora è shatush come base di partenza o come lieve sfumatura la decolorazione tra tecnica e moda.

Sono finiti i tempi dell’acqua ossigenata nel lavandino di casa, ormai il pubblico sa che si tratta di un’operazione che necessita di mani esperte e di prodotti professionali. In questi anni poi la moda ha portato alla ribalta il look “naturale ma non troppo”, dove il proprio colore si arricchisce di sfumature e gradazioni di tono create proprio dando luce al capello con la decolorazione.

Per chi sogna il biondo platino ma è nata castana, per chi si sente “pink” in testa ma parte da un nero corvino o per chi “mi piace il colore, ma lo vorrei meno piatto”: per tutte la risposta è decolorazione.

Una risposta che prende nomi che sanno di magia, ma che dietro nascondono una storia e soprattutto una tecnica. Stiamo parlando del balayage e dello shatush. Entrambe tecniche di decolorazione in cui i capelli sono schiariti di alcune tonalità nelle lunghezze e nelle punte. La differenza? Nell’applicazione. Lo shatush prevede che si cotonino i capelli, e poi con un pennello si passa il prodotto BBcos schiarente più adatto. Mentre per il balayage, il prodotto è applicato “a stella”, ovvero la chioma è suddivisa in 5 ciocche su cui si disegnano delle striature con pennello e spatola: un’applicazione irregolare per un effetto molto naturale.

Vi abbiamo detto che avevamo una storia: l’ultima moda del balayage in realtà è stata inventata in Francia negli anni ’70 per poi conquistare gli hair salon made in USA e da lì tornare in Europa; lo shatush, nonostante il nome esotico, è stato perfezionato da un italiano Aldo Coppola nei primi anni del 2000.